Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno.

Ben prima che i blog diventassero di moda, zio Pier Luigi (fratello di mamma) ne aveva uno tutto suo che ideò come una sorta di raccolta dei suoi interessi, viaggi, esperienze e ricordi di vita. Il "sito di Pier" non è più on line ma approfitto lo stesso dei suoi testi per raccontarvi dei miei bisnonni: i "Mazzei" di "Mazzei & Bartolini". Cosa c'entrano Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno? Qualche lettore più maturo magari si ricorderà di loro, protagonisti di antichi racconti popolari; i più giovani possono invece leggere qui chi erano. Nei miei ricordi d'infanzia le novelle su di loro erano una sorta di cura per l'anima prontamente "somministrata" da Nonna Dina, la mia bisnonna. In età più adulta ho poi preferito ascoltare le sue storia di vita vissuta ed ho avuto la fortuna di ascoltarne veramente tante e tanto è il buon tempo che ho passato con lei. Il mio bisnonno Vincenzo era l'Archimede Pitagorico di casa e oltre - "oltre" in ogni possibile accezione del termine. Pur avendo pochi ricordi personali di lui, è stato talmente stimato ed è ancora così vivo nei ricordi di chi lo ha conosciuto, che rimarrà immortale anche per me.


Zio Gigi racconta: 
(...) Nel 1945 i miei comprarono un palazzo mezzo distrutto dalla guerra, sistemarono il piano terra dove aprirono un'officina meccanica, la prima officina per auto all'isola d'Elba e sistemarono una parte del primo piano dove andammo ad abitare e che in seguito finirono di ricostruire. Con noi vivevano i miei nonni materni; di loro non finirei più di raccontare. Nonna Dina era nata nel 1897; aveva una certa scorta di novelle ed io non vedevo l'ora di prendermi un'influenza per stare a letto e fare il pieno delle sue novelle. Pensandoci bene poi erano sempre le stesse, ma era sempre un piacere sentirgliele raccontare. Negli anni 50, nei giorni in cui al Teatro dei Vigilanti c'era il cinema pomeridiano, spesso mi portava a vedere film comici. A lei piaceva tanto ridere e aveva una risata direi esagerata che coinvolgeva tutti noi. Le piaceva molto essere informata, leggeva di tutto e si informava attraverso le notizie della TV. Quando sullo schermo c'era un film lei diceva sempre di averlo già visto; noi la prendevamo costantemente in giro, ma forse era la realtà. Nonna Dina ha proseguito nel "suo servizio" prolungandolo in maniera eccellente ai pronipoti.

Una menzione particolare devo farla per mio nonno Vincenzo. Era nato nel 1894 e per me era come uno "schiavetto". Era un uomo di grande ingegno e di grande manualità, ogni tanto lo si poteva vedere alle prese con qualche cosa e quando un'idea gli balenava per la testa presto si sarebbe trasformata in un "qualcosa" di utile. A chi gli domandava: "Vincenzo cosa fate?" lui rispondeva: "UN-MIRIESCI" nel senso toscano di "non mi riesce" invece poi gli riusciva sempre. Anche suo fratello era della stessa pasta; autodidatta, si era messo a riparare orologi e ne costruì uno con una fila di lancette che indicavano, oltre alle normali funzioni, anche i giorni della settimana ed i mesi e non era certo fatto con un chip che oggi compri con un euro. Erano persone così, persone che non si arrendevano mai. E' stato nonno Vincenzo che mi ha attaccato la sua passione per l'elettricità e per tutto ciò che ruota intorno ad essa. Ma non solo. Intorno al 1946-47 mio nonno Vincenzo mi portava con sé in officina, per farmi passare qualche pomeriggio diverso e per dare la possibilità di essere libere a mia mamma e mia nonna. A quei tempi non è che ci fossero tante auto in giro ed il fatto che la nostra fosse l'unica officina faceva sì che per qualsiasi problema passassero tutte da lì. In realtà, all'epoca, chi si poteva permettere un'auto era sicuramente benestante e quindi anche le macchine erano adeguate alla loro condizione. In quell'epoca ho conosciuto auto come la Lancia Aurelia o l'Alfa 1900 o ancora la famosa Cisitalia, una berlinetta che non arrivava a 1100 cm di cilindrata, ma già aveva due carburatori e un preparazione spinta che le faceva toccare i 160 Km/h e certo non era poco per quei tempi. Quando capitavano macchine del genere, mi "prenotavo" per il giro di prova e i nostri meccanici mi portavano con piacere. Ogni tanto quando li vedevo in "bona", mi azzardavo a chiedere loro di farmi spostare qualche macchina che era nel piazzale retro officina ma, dato che avevo pochi anni, non arrivavo contemporaneamente ai pedali e a guardare dal finestrino, allora aprivo la porta e guardavo da sotto!

Come ho detto l'officina mi attirava molto e per avvalorare questa passione mi feci fare da mia mamma una tuta da meccanico che poi fu immortalata in questa foto sulla moto del fotografo Primo Ridi. Ricordo che mentre mi facevo la foto c'era Natale, il macellaio, che mi prendeva in giro dicendomi di farla mettere in moto così poi si sarebbe sentito il rumore. Certo mai si sarebbe immaginato che oggi la cosa è anche possibile! (...)





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